Fibromialgia e Intestino

 

Perché ho deciso di trattare questo argomento in maniera approfondita sul mio blog?

Nella mia attività professionale di oltre 40 anni ho avuto modo di visitare pazienti prevalentemente di sesso femminile, affette da allergia respiratoria o alimentare, ma soprattutto di disturbi gastrointestinali dovuti ad intolleranza verso il lattosio, il glutine o i metalli pesanti, soprattutto il Nichel, che lamentavano anche dei disturbi diagnosticati come sindrome fibromialgica da colleghi soprattutto reumatologi, ma anche neurologi.

Seguendo l’impostazione da me suggerita per trattare l’allergia o l’intolleranza alimentare, basata su una terapia specifica e la prescrizione di uno stile alimentare adeguato a ciascun paziente, le pazienti riferivano un netto miglioramento della sintomatologia dolorosa, dei disturbi del sonno, della stanchezza fisica, in definitiva quasi tutti i sintomi attribuiti alle fibromialgia.

Il mio approccio diagnostico basato su un’attenta anamnesi, un esame obiettivo scrupoloso e la richiesta di esami specifici, mi permette di focalizzare l’origine dei disturbi gastrointestinali, cutanei, respiratori, disturbi del sonno e impostare una terapia specifica e uno stile alimentare adeguato, oltre a proporre un cambiamento radicale dello stile di vita.

Negli anni ho visto decine di pazienti, con diagnosi di fibromialgia, che miglioravano la loro condizione seguendo una alimentazione che definisco antinfiammatoria.

Il termine fibromialgia deriva dal latino “fibro” (tessuto connettivo) e dal greco “mio (muscolo) unito ad “algia” (dolore). Sebbene i primi riferimenti alla sindrome fibromialgica risalgono ai tempi di Ippocrate (400 a.C.), la fibromialgia è stata riconosciuta come patologia reumatica dall’American College of Rheumatology (ACR) solo nel 1990.

La sindrome fibromialgica (FMS) è una patologia caratterizzata dal dolore diffuso e punti dolorabili alla palpazione (tender points). I pazienti affetti da FMS provano affaticamento persistente, disturbi cognitivi o della memoria, disturbi dell’umore, problemi gastrointestinali e disturbi del sonno.

La diagnosi di sindrome fibromialgica è esclusivamente clinica, in quanto non ci sono esami strumentali o diagnostici specifici per tale patologia e può essere posta solo se il paziente ha una storia di dolore diffuso da oltre 3 mesi secondo le seguenti localizzazioni:

  • Dolore in entrambi i lati del corpo
  • Dolore sopra e sotto la cintura (compresa la zona lombo-sacrale)
  • Dolore scheletrico assiale in almeno una sede (rachide cervicale, dorsale o lombo-sacrale, torace anteriore).

Devono inoltre essere presenti almeno 7 o più aree dolenti rilevabili con palpazione digitale denominate tender points (18 tender points, 9 per lato).

La fibromialgia (FM), è una patologia multifattoriale, talvolta anche molto difficile da diagnosticare. Chi ne soffre sa bene che non si tratta solo di dolore muscoloscheletrico cronico e diffuso, ma che spesso si accompagna a tutta una serie di sintomi come astenia, disturbi del sonno, problemi cognitivi (deficit di attenzione, di memoria, ecc.), problemi psichici (ansia, depressione, ecc.) e un ampio spettro di disagi somatici e neurovegetativi che fanno vivere il paziente in una condizione di profondo disagio e disabilità. 

Alla base di questa sindrome vi è una disregolazione dei sistemi di controllo del dolore da parte del SNC, con amplificazione del dolore e riduzione della capacità di modularlo. Spesso questa condizione è provocata da aumento di citochine pro-infiammatorie, bassi livelli di serotonina, alti livelli di glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio) e bassi livelli di acido gamma ammino butirrico (GABA).

Si stima inoltre che il 40% dei pazienti affetti da FM presenti problemi gastrointestinali, come flatulenza, dolore addominale, alterazioni dell’alvo e tutti i sintomi tipici della Sindrome del Colon Irritabile (IBS). In molti casi è presente intolleranza al lattosio e/o alterata sensibilità al glutine non celiaca (NCGS).

Ecco quindi che emerge l’importanza di una corretta alimentazione per garantire l’apporto di tutti i macro e micronutrienti necessari al funzionamento del sistema nervoso e del muscolo e per mantenere una buona salute gastrointestinale (ricordiamo che il nostro intestino gioca un ruolo di prima linea nel funzionamento di tutto l’organismo).

Cerchiamo quindi di capire come l’alimentazione possa aiutare a gestire e ridurre i sintomi associati alla FM.

Innanzitutto precisiamo che NON esiste una dieta specifica che faccia guarire dalla FM. Tuttavia esiste una serie di accorgimenti nutrizionali da adottare per gestire e ridurre la sintomatologia tipica di questa patologia e migliorare la qualità di vita del paziente fibromialgico.

  • garantire un giusto apporto di minerali, vitamine e antiossidanti.Nei fibromialgici sono state evidenziate carenze di minerali, quali il ferro, selenio, zinco e magnesio (importante per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare), di vitamina D (che, tra le varie funzioni, ha quella di ridurre l’infiammazione, garantire il trofismo muscolare e sostenere il funzionamento del sistema immunitario), di vitamina B12 (essenziale per il funzionamento dei mitocondri e per la formazione di serotonina a partire dal triptofano), di Omega 3 (acidi grassi essenziali con azione antinfiammatoria) e di coenzima Q10 (importante antiossidante).

-assumere un giusto apporto di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie (vitamina C, vitamina E, selenio, carotenoidi, licopene e polifenoli, omega 3, vitamina D). È dunque importante consumare un buon apporto di verdure, una giusta dose di frutta (senza esagerare), cereali non raffinati, frutta secca a guscio e semi e pesce azzurro.

  • fare attenzione agli alimenti contenenti eccitotossine(glutammato e aspartame): presenti spesso nei dadi da brodo, cibi in scatola, salumi, piatti pronti (E620, E625), bevande e dolciumi light. Il glutammato e l’aspartato agiscono da neurotrasmettitori eccitatori, ovvero attivano in modo prolungato i nervi nocicettivi (coinvolti nella percezione del dolore) sia nel cervello che nella periferia.

-evitare un eccesso di fruttosio con la dieta perché riduce l’assimilazione del triptofano, precursore della serotonina; quindi attenzione all’assunzione di cibi contenenti dosi elevate di fruttosio (spesso è contenuto nei dolci o alimenti dolcificati e indicato negli ingredienti come HCFS, ovvero sciroppo ad alto contenuto di fruttosio).

Ormai da anni è riconosciuto il forte legame tra intestino e salute. Ciò che avviene nell’intestino è in grado di influenzare tutto l’organismo, ma allo stesso tempo l’intestino risente di tutto quello che avviene nel resto del corpo. L’intestino non solo assorbe nutrienti, ma produce segnali che influenzano il sistema nervoso (asse intestino-cervello) ed è coinvolto nella produzione delle cellule del sistema immunitario e nel suo funzionamento.

I pazienti affetti da fibromialgia accusano spesso sintomi gastrointestinali probabilmente perché hanno una disbiosi intestinale con aumento della permeabilità intestinale (leaky gut): uno squilibrio della flora batterica, che porta alla prevalenza di specie patogene, con eccessiva produzione di tossine, soprattutto dell’LPS (lipopolisaccaride) e di sostanze infiammatorie per i mitocondri come il D-lattato e l’acido solfidrico; tutto ciò  causa un’infiammazione sistemica di basso grado, generando una risposta del sistema immunitario, con liberazione di citochine proinfiammatorie. A livello di barriera intestinale inoltre, si ha un danneggiamento della mucosa, con aumento della sua permeabilità e quindi perdita della funzione di “barriera”.

Le tossine batteriche passano così in circolo ed arrivano al sistema nervoso centrale, attivando la microglia ed aumentando l’attività cerebrale “glutammatergica”, con un maggior rilascio di glutammato, che sensibilizza il cervello al dolore, amplificandolo e generando depressione e ansia. Ciò porta anche alla produzione eccessiva di radicali liberi, che danneggiano anche i mitocondri, contribuendo alla disfunzione cerebrale. Infine, le tossine batteriche, il D-lattato e l’acido solfidrico agiscono anche a livello muscolare, provocando disfunzione mitocondriale che facilita il dolore ed aumenta lo stress ossidativo.

Una corretta alimentazione incide sull’intestino, prevenendo la disbiosi e ripristinando l’integrità della barriera intestinale.

A questo scopo, soprattutto in presenza di sintomi di alterata funzionalità intestinale, è utile approfondire se è in causa una intolleranza alimentare, (attraverso test genetici verso il glutine e il lattosio), ed evitare tali stimoli, ma è stato dimostrato essere utile, anche in assenza delle intolleranze suddette, seguire alcune attenzioni alimentari:

  • preferire cereali senza glutine come riso, quinoa, grano saraceno, miglio, teff, amaranto), 
  • evitare i latticini (per l’effetto infiammatorio delle caseine e la frequente presenza di intolleranza al lattosio, soprattutto se i villi intestinali sono danneggiati)
  • evitare le solanacee (peperoni, pomodori, patate e melanzane), per il loro contenuto in solanina
  • evitare cibi industrializzati, preconfezionati(ricchi di additivi, conservanti ed ingredienti “poco naturali”), dolci, zuccheri semplici e farine raffinate
  • limitare il consumo di carne rossa,magari preferendo quella proveniente dall’allevatore, che porta il bestiame al pascolo, piuttosto che della grande distribuzione, in cui gli animali vengono nutriti con mangimi, allevati in condizioni poco “etiche” e spesso sottoposti dosi elevate di antibiotici.
  • garantire un buon apporto di fibre (nutrimento della nostra flora batterica) ma senza esagerare per non irritare l’intestino, consumare spesso alimenti ricchi di molecole antiossidanti e antinfiammatorie (frutta e verdura, magari a km zero, coltivati senza uso di pesticidi,cereali non raffinati, frutta secca oleosa, semi, pesce azzurro) e garantire un buon apporto idrico (almeno 1,5 – 2 litri di acqua al giorno).
  • limitare il caffè e sostanze nervine: l’eccesso di sostanze eccitanti possono aumentare la sensibilità al dolore ed irritare ulteriormente l’intestino.
  • su consiglio di uno specialista, può essere utile assumere un integratore di probiotici e prebiotici.

Il sovrappeso e l’obesità sono caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico dell’organismo, causato sia dalla produzione di citochine infiammatorie da parte del tessuto adiposo (IL6, TNFalfa, PAI-1, resistina), sia dal fatto che spesso le persone con eccesso ponderale hanno anche una condizione di disbiosi intestinale. Di frequente inoltre sono presenti insulino-resistenza, aumento della pressione arteriosa e dislipidemia e ciò contribuisce ad arrecare danno all’organismo e peggiorare la qualità della vita del paziente fibromialgico. Da non dimenticare il fatto che il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D, contribuendo a determinarne uno stato di carenza. Per queste ragioni è importante, anche nella fibromialgia, riuscire a mantenere o raggiungere un buon peso corporeo.

L’alimentazione è efficace non solo come prevenzione dei disturbi, anche in chiave terapeutica, cioè laddove c’è già un disturbo o una malattia. Da qui nasce il termine Nutri-terapia, il cui spettro di azione negli ultimi decenni è in continua espansione. Da sola oppure in combinazione ad altre terapie, le indicazioni nutrizionali consentono di porre termine ad un disturbo, di tenere a bada i sintomi oppure di aumentare l’efficacia di altri trattamenti. Ciò avviene in quanto i nutrienti ed altri fattori alimentari possono indirizzare i processi fisiologici verso il ripristino di uno stato più salutare e di una migliore qualità di vita.

Schematicamente possiamo dire che il paziente fibromialgico accusa una serie di sintomi che possiamo riassumerli in questi 10:

Stanchezza muscolare

Fibrofog

Dolore muscoloscheletrico

Ansia  e  Insonnia

Vulvodinia

Cefalea

Depressione

Intolleranza al freddo

Colon irritabile

Cistiti ricorrenti

 

Seguendo questo schema cercherò di approfondire qualche aspetto suggerendo dei consigli alimentari che possono essere utili a controllare alcuni disturbi.