(Dal libro “Artefici o Vittime” di A. Corsano)

   La nostra alimentazione e il nostro stile di vita determinano i “nostri” batteri e questa è una consapevolezza che devono acquisire tutti, non solo le donne in gravidanza. Nel nostro intestino albergano miliardi di microrganismi che vengono alimentati e selezionati dal cibo che ingeriamo ogni giorno. La cosa interessante è che basta un cambiamento di pochi giorni  per variare drasticamente la composizione dei batteri nel colon.

   Prendiamo per esempio le fibre vegetali. Quando queste vengono digerite dai batteri intestinali si producono degli acidi grassi a catena corta che, legandosi ai recettori delle cellule immunitarie, sopprimono l’infiammazione. Uno di questi composti, il propionato, aumenta i livelli delle cellule immunitarie che ci proteggono da malattie allergiche e autoimmunitarie, dal Morbo di Crohn, dalla Colite Ulcerosa e dal Lupus Eritematoso Sistemico. È fondamentale quindi mettere in atto tutte le misure preventive per mantenere la composizione ottimale dei batteri intestinali. Le condizioni che possono determinare delle alterazioni di questi ultimi, infatti, sono veramente tante.

   “Voglio sapere tutto sull’argomento, dottore.”

   Per Marta il funzionamento del nostro organismo è diventato una sorta di racconto che la appassiona e la aiuta a capire se stessa e gli altri. Rispondo volentieri alla sua curiosità, cominciando a spiegarle più nel dettaglio cosa si intende per tratto intestinale. Esso è il fronte immunitario più importante del corpo e si può descrivere come un vero e proprio ecosistema che presenta tre componenti fondamentali: le cellule dell’ospite, i batteri e i nutrienti. La superficie interna del tratto intestinale è rivestita da una mucosa formata da cellule epiteliali, che a loro volta sono rivestite da un gel dalla consistenza vischiosa. Le sostanze presenti sulla superficie mucosa nutrono la flora batterica e rappresentano anche il sito di adesione per le adesine batteriche. Il sistema immunitario intestinale è formato essenzialmente dalla Placche di Peyer (di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti) e dai follicoli linfoidi isolati.

   Le cellule batteriche contenute nell’intestino di un individuo sono circa 10 volte il numero totale di cellule dell’individuo stesso (circa 1,5 kg di peso). La colonizzazione batterica raggiunge livelli molto alti nella parte distale dell’intestino tenue e nel colon, mentre nel duodeno e nel resto dell’intestino tenue si mantiene minima. Il microbioma intestinale (l’insieme dei geni dei batteri intestinali), avvia attività metaboliche ed enzimatiche fondamentali per compensare funzioni che l’uomo non è in grado di esplicare e per le quali non possiede un adeguato assetto genico. Il microbiota intestinale può essere considerato quindi come una sorta di organo che concorre al consumo, alla conservazione ed alla ridistribuzione dell’energia. In più catalizza importanti reazioni chimiche e si mantiene e si rigenera nel tempo.

   I batteri presenti nel tratto gastrointestinale vengono divisi in batteri utili, dannosi e indifferenti. Vediamo nel dettaglio i primi. I batteri utili hanno moltissime funzioni: producono acidi grassi a catena corta, trasformano la bilirubina in urobilinogeno, convertono il colesterolo in coprostanolo, neutralizzano le sostanze tossiche, sintetizzano vitamine K, B2, B12 e acido folico e, soprattutto, mantengono attivo il sistema immunitario intestinale formato dalle placche di Payer.

   La maggior parte dei gruppi batterici del colon (tra cui i già citati bifidobatteri), ricavano l’energia dal metabolismo dei carboidrati. I principali prodotti della fermentazione dei carboidrati sono gli acidi grassi a catena corta (i cosiddetti SCFA, Short Chain Fatty Acids) come acetato, proprionato, butirrato, lattato e alcuni gas. Gli SCFA svolgono varie funzioni, tra cui quella di abbassare il Ph. Così facendo innescano svariati meccanismi: influenzano la composizione della microflora intestinale, riducono lo sviluppo di batteri patogeni e di batteri putrefattivi, favoriscono l’assorbimento dei minerali, e riducono l’assorbimento dell’ammoniaca e delle ammine. Inoltre gli SCFA modulano il volume intracellulare delle cellule del colon, e trasportano il ferro, Circa il 95% degli SCFA viene assorbito dalle cellule della parete intestinale del colon e poi metabolizzato dalle cellule del cieco, del colon, del fegato e dei muscoli.

   Il metabolismo delle proteine porta alla formazione di acidi grassi a catena corta, ma anche a numerosi metaboliti potenzialmente tossici e cancerogeni come l’indolo e lo scatolo, che possono essere dosati nelle urine. È stato dimostrato che una dieta ricca di carboidrati non glicemici come le fibre alimentari facilita la presenza di bifidobatteri e lattobacilli, mentre un’alimentazione ricca di grassi e carne aumenta la presenza dei batteri putrefattivi che possono portare alla formazione di sostanze cancerogene.

   È necessario quindi prendersi cura della propria flora intestinale. Per favorire la crescita e l’attività dei microrganismi presenti in essa, può essere utile ricorrere ai prebiotici. Quelli più conosciuti sono i FOS (frutto-oligo-saccaridi) l’inulina e il lattitolo. Vediamo come funzionano.

   I FOS sono molecole naturali che si trovano nella cipolla, negli asparagi, nell’aglio, nei pomodori, nei carciofi e nelle banane. Essi stimolano la crescita dei bifidobatteri e contrastano quella dei batteri putrefattivi. L’inulina può essere estratta dalla radice della cicoria ed è presente in alcuni vegetali come aglio, cipolle, asparagi, carciofi e radicchio. Anche l’assunzione di inulina comporta molti vantaggi: aumenta i bifidobatteri e lattobacilli, incrementa i livelli di acido butirrico nel colon (con conseguente azione protettiva da malattie infiammatorie e neoplastiche) ed aumenta la capacità di assorbimento del calcio (favorendo così un’azione protettiva contro l’osteoporosi). Il lattitolo non viene assorbito nell’intestino tenue e giunge in forma immodificata al colon, dove viene metabolizzato in acido lattico e acido acetico dai batterioidi e lattobacilli. L’acidificazione che si ottiene nel colon contrasta lo sviluppo della flora batterica putrefattiva, determina un richiamo idrico e induce ad evacuazione di feci morbide e voluminose.